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2022-12-29 10:33:14 By : Ms. Ruth Ying

Si dice che si torna sempre nei posti dove si sta bene. È vero, nonostante ogni persona abbia la sua definizione di bene. Si potrebbe espandere, forse, che si torna sempre nei luoghi dove, in un certo senso, abbiamo lasciato, trovato, rincorso, intuito, un pezzo di noi. Vale per i posti fisici, ma anche per i mondi immaginari che attraversiamo, abitiamo per un po’, che impariamo a conoscere tramite gli occhi di personaggi più o meno credibili, a metà strada tra essere la loro coscienza ed essere al loro fianco, assumendo la figura di aedi, cantori, menestrelli che quelle avventure le rivivono attraverso vividi racconti le cui sfumature cambiano in base alla nostra sensibilità, i nostri percorsi, il momento storico in cui li giochiamo.

I giochi, come i posti, sono sempre vivi e cambiano nel tempo perché da un lato cambia il modo in cui ci approcciamo a essi, dall’altro assumono sempre la forma di oggetti mutevoli. Lo sono per diversi motivi: per ragioni tecniche, grazie a patch, aggiornamenti, espansioni, rework e qualsiasi intervento di restauro possiamo concepire, e per ragioni di senso, perché il discorso su ogni sul gioco diventa parte dell’immaginario stesso che accompagna quel prodotto che, in maniera probabilmente proporzionale alla sua diffusione popolare, si nutre dei significati che gli attribuiamo nel corso del tempo.

Questo discorso vale per operazioni come i remake, le rimasterizzazioni, ma anche per le patch che intervengono in maniera più o meno densa e netta sul modo in cui un videogioco comunica con noi. The Witcher 3: Complete Edition, con la sua patch next-gen (disponibile da domani, gratuitamente, per chiunque abbia una copia del gioco), fa proprio questo, allinea l’esperienza originale del gioco a una serie di parametri che permettono a più persone di (ri)vivere le avventure con il livello di attrito minore possibile, andando a ritoccare aspetti macroscopici e microscopici, che rendono un nuovo passaggio nel Continente interessante su più livelli. Una grafica migliore, certo, soprattutto se la vostra esperienza originale è stata su console, una fluidità maggiore, un’interfaccia più comoda e qualche nuovo contenuto, che accoglie all’interno dell’universo videoludico suggestioni della serie TV, così, magari, anche chi arriva da queste parti per la prima volta si sente più a casa. I giochi cambiano, dicevo, e The Witcher 3 non è più solo quello, ma è un punto di accesso a un mondo, quello immaginato da Andrzej Sapkowski e trasformato poi in open world da CD Projekt Red, che oramai è abitato stabilmente da tantissime persone che, a Vizima, Temeria, Novigrad, ci sono arrivate nel corso del tempo e in tanti modi diversi.

Ha molto senso trovare un modo per allineare sempre di più le esperienze, per condividere una versione del Continente sempre più aderente a quella che è rimasta nella nostra testa, o quella che ci aspetteremmo oggi, nel 2022, in un videogioco. A prescindere dal punto da cui si osserva la faccenda, si tratta comunque di un buon motivo per tornarci, da quelle parti, a rivestire i panni di Geralt di Rivia, e scoprire se siamo cambiati più noi, o lui, sempre più definito grazie alle texture 4K e a un modello poligonale più armonico.

Tutte le novità introdotte della patch

Per chi vuole sapere nel dettaglio tutte le novità introdotte da questo aggiornamento, vi rimando a questo elenco esaustivo, ma per fare un recap rapido delle aggiunte più salienti, ecco di seguito quelle fanno maggiormente la differenza:

Si torna nei posti in cui troviamo qualcosa da ricordare e The Witcher 3 di piccoli e grandi ricordi ne ha seminati tanti, anche perché nei suoi luoghi ci sono passato più volte. La strada verso Bianco Frutteto, la guarnigione nilfgaardiana, il viaggio verso Vizima sono tutte sequenze che ho rivissuto a intervalli regolari. Me le ricordo claudicanti su PlayStation 4, nello sforzarsi di mostrare una visione oltre le costrizioni tecniche, me le ricordo visivamente sempre più raffinate su PC, nella mia run principale. Me le ricordo, soprattutto, per tutte le volte che, successivamente, ho installato mod e ammenicoli vari sulla mia versione Steam, perché, come dicevo prima, i giochi cambiano, e The Witcher 3, tra gli aggiornamenti di CD Projekt Red e l’opera costante della community, è diventato tante cose diverse. Con questa patch, per certi versi, lo studio polacco crea una nuova base comune a tutte le piattaforme, restituendo a tutti coloro che quel Continente lo hanno abitato nel corso di sette anni, i frutti di una visione collettiva e, per certi versi, condivisa.

The Witcher 3, come è successo anche The Elder Scrolls V: Skyrim, è uno di quei giochi in cui siamo spinti a trovare motivi per tornarci costantemente, e ci sembra sempre di scoprire qualcosa di nuovo. Sembra stupido, ma in questi giorni in cui ho avuto modo di avere accesso anticipato a questa versione next-gen, mi sono fermato un po’ di tempo a completare qualche contratto, qualche missione secondaria. Alcune le ricordavo, alcune meno, ma mi è tornato immediatamente in mente perché ha senso tornare a cavalcare Rutilia ancora una volta. Uno dei primi contratti, poco lontani da Bianco Frutteto, racconta di una wraith diurna e di un pozzo infestato, che non permette di recuperare acqua pulita. Un problema, perché con la guerra che avanza, i fiumi sono pieni di cadaveri e iniziano a diffondersi malattie.

Fai una foto al tuo Witcher

Tra le novità presenti in questa patch c’è una modalità fotografica nuova di zecca, che gli utenti console non avevano mai potuto sperimentare. Su PC, anche grazie al supporto di NVIDIA Ansel, oltre che di mod di terze parti, si era ampiamente ovviato alla cosa, ma è chiaro che avere una modalità dedicata è pur sempre meglio.

Il kit da fotografo presente nella sacca dello strigo non è malaccio, soprattutto perché consente di avere un ampio margine di manovra sulla camera, che non è affatto bloccata sul protagonista, ma delude un po’ sulle opzioni di controllo delle immagini. Sebbene si possano regolare esposizione, contrasto, intensità e temperatura delle luci, tutti gli slider presentano scatti molto marcati, non c’è nessun comando per gestire il colore (al netto della saturazione) e anche la profondità di campo non è simulata nel migliore dei modi.

Inspiegabilmente assenti i filtri, considerato anche che la struttura e l’interfaccia di base della modalità sono sostanzialmente analoghe a quelle di Cyberpunk 2077.

Nell’esplorare il vecchio villaggio con il pozzo, in realtà, si scopre ben presto che non siamo davanti a uno scherzo della natura, ma, come quasi sempre accade quando si è sulle tracce dei mostri in compagnia di Geralt, dell’uomo. Lo spettro fuori controllo è bloccato su questa terra perché il sogno d’amore e di libertà di una giovane ragazza è stato spezzato con crudeltà. Per affrontare ciò che resta della sua ossessione vanno messi i pezzi a posto, dobbiamo necessariamente riflettere su quello che è stato, e seguire una strada che passa sempre per la comprensione di alcune motivazioni specifiche, che hanno senso e si incastrano con tutto il resto. La domanda, alla fine, è sempre quella, sempre la stessa, chi è il mostro? Chi è Geralt? Chi siamo noi? The Witcher 3 è un gioco dove i mostri sono l’unica chiave di lettura di un mondo che avanza cercando di fare i conti con diversi gradi di mostruosità, diversità e difformità. Sette anni fa, come tre anni fa, come oggi, il modo in cui ti guarda e ti fa domande resta lì e vi assicuro che in alcune circostanze potrebbe essere interessante fermarsi a ricordare quanto il nostro modo di rispondere possa essere cambiato. Perché non è solo l’ambaradan messo su da CD Projket RED, a essere cambiato.

Perché ritornare sui motivi per tornare a giocare (ancora una volta) a The Witcher 3? Perché il fatto che abbia immediatamente ritrovato curiosità nell’esplorare luoghi già visiti e rivivere momenti già abbondantemente metabolizzati con rinnovata curiosità è merito di quella riduzione dell’attrito a cui mi riferivo in apertura. Ora il gioco è come mi aspetto che possa essere nel 2022 un gioco di qualche anno fa, edulcorato ovviamente dai ricordi che rendono sempre tutto più dolce. Ancora di più, e questo è un dato interessante, non ho provato nessun tipo di sensazione sostanzialmente differente rispetto alla mia versione di The Witcher 3 moddata su PC, al netto di qualche tool specifico di gestione dell’interfaccia che qui è stato introdotto soltanto in parte.

Andando nello specifico e al netto di tutta la lista di novità salienti che vi illustro in un box, la percezione che si ha giocando a questa versione next-gen (ho provato quella PlayStation 5) è di una fluidità che non è mai appartenuta davvero alla versione “vanilla” del capolavoro di CD Projekt Red, ma che diamo scontata una volta lanciato un gioco oggi. Parlo chiaramente dei 60 fps della modalità prestazioni, che vincono a mani basse sui 30 fps (non sempre costanti) di quella dotata di Ray Tracing, ma anche di una serie di aggiornamenti grafici che ingannano il salto del tempo: la riduzione all’osso dei caricamenti, il lavoro sulle texture, sulle superfici riflettenti, sulla vegetazione e sul modo in cui i modelli dei personaggi occupano lo spazio fisico nel gioco e, ovviamente, sui loro volti, più segnati, più verosimili.

Non solo è tutto più definito, ma è più coeso nei movimenti, nei comportamenti dei PNG, più a fuoco nei dialoghi. L’unico effetto collaterale di un’operazione che pone la nitidezza e la vividezza al centro del restauro è che purtroppo gli aspetti più farraginosi e invecchiati peggio del gioco emergono più chiaramente, come alcune animazioni, la gestione dell’inventario, degli spostamenti a cavallo.

Per avvicinare l’universo di gioco a quello visto nella serie su Netflix, CD Projekt Red ha pensato di inserire una serie di contenuti dedicati allo show televisivo. Si tratta di alcune modifiche estetiche, che riguardano il vestiario dei soldati nilfgaardiani al vestito alternativo di Dandelion (che resta tale, senza diventare Ranuncolo) o di Yennefer, che non fanno altro che allineare gli immaginari dove possibili, ma c’è di più.

Una breve missione a Velen, infatti, oltre farci fare un po’ di moto con un paio di combattimenti impegnativi, permette infatti di sbloccare lo schema necessario per costruire l’armatura che indossa Henry Cavill nello show, di cui è poi presente anche una versione migliorata che è uno dei migliori set disponibili nel gioco.

Eppure, nel 2022 nel Continente si vive meglio, e già la presenza di più regolazioni per la scomparsa e la regolazione dell’interfaccia, un tasto per raccogliere le piante in maniera automatica e una modalità alternativa per lanciare i segni - ovvero tenere premuto il dorsale e schiacciare poi un tasto rapido - bastano a rendere più fluida l’esperienza, a farci scivolare meglio verso il cuore dell’avventura, quel momento dove tutta questa enorme mole di lavoro tecnico finisce semplicemente agevolare il coinvolgimento all’interno dell’universo di gioco. La magia succede veramente presto, e se a Kaer Morhen il tutorial sembra effettivamente provenire da un passato strano e un po’ troppo imbolsito, basta la cavalcata per Bianco Frutteto, il sole basso e quella malinconia disillusa e disperata di Temeria a far crollare ogni forma di scetticismo.

Poi, in realtà, si può discutere anche di alcuni aspetti su cui, forse, si poteva fare addirittura meglio. Mi riferisco, per esempio, alla nuova telecamera, che adotta una posizione più ravvicinata e decentrata, per portarci costantemente al centro dell’azione con movimenti più dinamici: ottima nel combattimento, diventa meno comoda durante l’esplorazione o le fasi di cavalcata, e se è vero che si può in ogni momento adottare quella vecchia, l’essenza di una shortcut per farlo un po’ va a noia. Piccolezze, minime, ma è pur sempre una questione di attrito.

Essere uno strigo: l’importanza del DualSense

Tra le novità più sorprendenti e inaspettate di questa patch c’è l’ottimo supporto di DualSense, che su un gioco multipiattaforma non è mai così scontato. Grazie al pad di PlayStation 5 l’esplorazione e i combattimenti di The Witcher 3 hanno sicuramente un feeling migliore e, oggettivamente, mai visto prima. Dal punto di vista del feedback aptico, si parte dalla percezione degli zoccoli sul selciato di Rutilia fino alla sensazione di potenza trasmessa dai segni magici. Sul fronte grilletti adattivi, invece, la resistenza serve a capire quando abbiamo abbastanza mana per scatenare magie.

Discorso meramente più tecnico, invece, va fatto riguardo la gestione delle fonti di luce negli interni, dove si gioca la vera partita tra la modalità Prestazioni e quella Ray Tracing: nella prima, infatti, candele, torce, riflessi della luce esterna tendono ad avere un bagliore diffuso piuttosto marcato, leggermente posticcio, mentre nella seconda, ovviamente, la gestione dell’illuminazione globale crea contrasti più morbidi, amalgamati, raffinati. Come scrivevo prima, non è una ragione sufficiente a preferire la modalità che predilige la qualità grafica, perché i 60 fps sono una manna dal cielo, ma, per dire, la gestione della luce su PC (versione Vanilla con le stesse mod grafiche presenti in questa patch next-gen) resta più credibile. In questo senso sono davvero curioso di vedere come funzionerà la combo Ray Tracing + DLSS su PC per capire quale sarà il vero metro di paragone, ma ecco, chi ha giocato a The Witcher 3 su console da domani potrà assaporarlo nella sua versione migliore possibile, che per anni è stata appannaggio solo di chi, con certosina pazienza, aveva costruito sul proprio hard disk un Continente su misura.

La patch next-gen di The Witcher 3 è una grande livella, un ragionamento esteso e democratico sulla possibilità di (ri)accedere ad alcuni posti della propria memoria videoludica o di scoprirne di nuovi senza percepirsi fuori dal tempo. È un ottimo compromesso con il tempo che passa mentre gli strumenti che migliorano, per un’operazione che contemporaneamente preserva un universo ricco e simbolico come quello di The Witcher 3 e ne costituisce una nuova versione, più accessibile e leggibile anche da chi non ha (ancora) ricordi da custodire.